Ci sono voluti anni per comprendere che il mio modo di raccontare storie, vere o di fantasia poco importa, significa fare teatro.
Oggi che ho raggiunto questa consapevolezza (meglio tardi che mai) sono pronto ad affrontare il palcoscenico in maniera libera, senza dover fare più i conti con il mio ruolo di giornalista, le definizioni sono gabbie e se proprio dovessi sposarne una, adotto quella di storyteller.

Di fronte a una platea la sola cosa importante è offrirsi e comprendere che ciò che racconti funziona, arriva, genera emozioni. Il resto conta poco.
Raccontare, interpretare, recitare, percepire l’attenzione del pubblico respirandone i silenzi, sono sensazioni antiche o addirittura senza tempo, direi liberatorie.

Da tempo sto lavorando alla messa in scena di “Zona Cesarini. Il calcio, la vita.” Una storia che mescola passione, solitudine, povertà e follia sulle note del tango. L’anteprima è prevista questa estate a Pesaro e sarà una grande emozione.