Dal 3 al 6 settembre sono stato ad Acciaroli per le celebrazioni del primo anniversario dell’uccisone di Angelo Vassallo. Con mia figlia dormivamo nella casa di Angelina, moglie di Angelo. Proprio sul mare, con il rumore della risacca. Tre giorni passati assieme a Giusi e Antonio, i figli, ai fratelli di Angelo, soprattutto con Dario che oramai è più che un amico ed alla sua famiglia. Ho conosciuto anche il suo splendido suocero, Nello Governato, con cui ha condiviso la tragedia di scrivere un libro su Angelo. Perché scrivere di un fratello morto ammazzato è una tragedia. Ad Acciaroli mi sento a casa mia perché é così che devono andare le cose giuste. Quelle pulite. Antonio e Francesco vogliono portare mia figlia a vedere una cernia che vive da anni in una grotta, Giusi la porta a vedere i suoi 23 cani, Angelina fa le polpette buonissime. A tratti sembrerebbe tutto normale, invece no, perché Angelo è morto da un anno e ancora non sappiamo chi è stato.
In compenso c’è stata la giostra. Il luna park dei politici che ancora si ostinano ad usare parole uccise da anni. Sono necrofili del pensiero, trogloditi della comunicazione, folli amanti del banale, del nulla. La frase più gettonata è “abbiamo bisogno di riscoprire i veri valori, dobbiamo tutti abbassare i toni ed impegnarci per ritrovare la legalità”. Da prendere a calci in culo. Da buttarli a mare come quel giornalista che ha chiesto a Giusi cosa prova nei confronti degli assassini di suo padre. Come quell’umanoide che per chiudere alla grande il suo intervento, ha detto che uccidendo Vassallo la camorra ha perso la sua battaglia. La bella pennellata di ottimismo che chiude un discorso infarcito di termini marci, morti, spolpati e sepolti. Termini come eroe, speranza, coraggio, ottimismo. Le raccontasse ai suoi figli le favole con il lieto fine, perché ad Acciaroli uccidendo Vassallo hanno messo un paese in ginocchio, lo hanno colpito al cuore. Hanno sparato 9 colpi ad un essere umano insostituibile. Altro che lieto fine.
È triste questa giostra, che non è capace di far piangere e neppure di far ridere. Non esiste un concetto nuovo, parlano di speranza proprio loro che ce l’hanno tolta. Ottusi, disattenti al mondo e a loro stessi. Ma si leggessero qualche poesia, si avvicinassero all’arte, provassero a uscire dai miseri schemi che li soffocano. Leggessero le ordinanze comunali di Angelo Vassallo, come quella relativa all’esposizione dei gerani – “I Gerani si armonizzano all’ambiente, alle costruzioni con la pietra locale e si combinano in una tavolozza ininterrotta nel corso di tutto l’anno. Come i suoni e gli odori, anche i colori hanno il potere di creare stati d’animo”. Era così che Vassallo ha fatto crescere la sua gente e la sua terra, a colpi di poesia e incazzature.



Invece è squallido questo luna park arrugginito da cui bisognerebbe scappare e di corsa. Per fortuna è finito lo sciopero dei calciatori e mezza Italia può tornare a sognare lo scudetto. Per fortuna tornano i programmi autunnali, tornano i collegamenti con Avetrana, tornano i salotti, i nani e le ballerine. Tornano i talk show, le moviole, le tette grosse, le labbra gonfie e i culi a mandolino. Tornano le isole popolate da eroi, le case dei fratelli, i bambini fenomeni che hanno la voce di Albano e le gare di barzellette. Intanto muoiono i Sindaci bravi, le parole, le idee, i pensieri, i soldi, i sogni. Ci resta la televisione da guardare, ma come dice il grande Alessandro Bergonzoni, facciamolo senza accenderla. La nostra sopravvivenza intellettuale passa anche da lì.