Sì, lo so, cantastorie è più bello ma il marketing ritiene che storyteller sia più figo. Quello che però non cambia è l’essenza di tutto ciò. Raccontare storie. Inizialmente mi vergognavo un pò nel sentirmi definire storyteller: ma come?, pensavo, ho dato anche un esame di stato per diventare giornalista e poi finisce tutto in gloria? Poi con il tempo ho imparato a indossare questa parola e alla fine il termine storyteller me lo sono fatto andare bene. Ora mi calza perfettamente. Raccontare una storia è la cosa che mi riesce meglio, questione di tempi narrativi e di essenze da cogliere in tutta la loro pienezza. Beh, se proprio devo dirla tutta, mi sento uno storyteller a tre dimensioni, perché amo abbinare alla narrazione anche le immagini e le parole scritte. Tutto fatto in casa da bravo artigiano del nulla o del tutto, a seconda delle prospettive.
Che storie racconto? Storie importanti. E quando dico importanti arrivo al cuore del discorso perché un bravo storyteller è capace di rendere importante ogni percorso di vita. Che sia quella di un alpinista o di un impiegato è pressoché insignificante. Proprio così. Uno storyteller deve cogliere l’unicità delle nostre vite e saperle regalare agli altri lasciando un segno.
Sì. Questo è il mio lavoro.
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