Un giorno alla volta

28 uomini sulle tracce di un’impresa possibile

Il titolo

“Un giorno alla volta” non significa fatalismo e neppure assenza di progetti. Il senso di questo titolo è ben più profondo. A volte, causa le avversità della vita e le incertezze che ne conseguono, in ognuno di noi potrebbe prevalere il desiderio di arrestarsi. L’apparente assenza di prospettive a volte congela e inibisce ogni nostra azione. Proprio in quei frangenti è necessario non arrendersi e concentrarsi sull’attimo, evitando di rimanere schiacciati dalle proprie angosce. “Un giorno alla volta”, significa dunque accantonare i “mostri” che aggrediscono la mente e convogliare tutte le nostre energie sull’immediato. Vivere il presente con tutta l’intensità possibile, sottraendosi così ai demoni paralizzanti della paura e della rassegnazione.

Una breve riflessione

“In un periodo difficile ed incerto come quello che stiamo attraversando, può essere di grande aiuto, oltreché di conforto, scoprire che situazioni analoghe appartengono da sempre all’umanità. Sono fasi involutive dominate dalla paura, dalla fragilità e dalla mancanza di prospettive. Non sappiamo come agire, l’ansia ci assale come una marea montante ed ogni ostacolo ci appare insormontabile.
Winston Churchill sosteneva che “il coraggio è la prima delle qualità umane, perché è quella che garantisce le altre” e proprio il coraggio rappresenta l’elemento cardine attorno a cui ruota lo spettacolo giornalistico- teatrale dal titolo “Un giorno alla volta”.
Senza alcuna forzatura, evitando banali accostamenti e retorica di superficie, la vicenda della Imperial Trans Antarctic Expedition (1914/1916) risulta essere di straordinaria attualità.
Ne deriva un grande insegnamento su come affrontare gli ostacoli che, inevitabilmente, ognuno di noi è chiamato quotidianamente ad affrontare.
Quando un progetto fallisce, bisogna avere la forza di cambiare percorso; quando non s’intravede un nuovo orizzonte, bisogna trovare il coraggio di non arrendersi e di camminare senza guardare troppo distante. Si procede lentamente, senza rimpianti, senza sprecare energie, senza voltarsi. Un giorno alla volta. Senza fermarsi mai”.

La storia

Ernest Henry Shackleton (1874/1922), esploratore britannico di origine irlandese, nel 1914 assieme ad altri 27 uomini decise di tentare la traversata a piedi dell’Antartide.
Un viaggio di oltre tremila chilometri nel cuore della terra più inospitale e fredda del pianeta.
A poche settimane dalla partenza, la nave che li avrebbe dovuti condurre sino al luogo dello sbarco venne stritolata dal ghiaccio e il gruppo si ritrovò alla deriva, trascinato dal pack e dalle correnti marine, lontano migliaia di chilometri da qualsiasi presidio umano.
Accantonati i sogni di gloria, rimase un solo obiettivo da perseguire: sopravvivere.
In quasi due anni caratterizzati da quotidiane emergenze, il Comandante Shackleton ed i suoi uomini dovettero fronteggiare una serie inimmaginabile di problemi.
Il freddo, la scarsità di cibo, la depressione, la stanchezza, la paura, le tensioni tra membri del gruppo, lo studio di un piano di salvataggio.
Non vennero mai meno il coraggio e il desiderio di lasciare nulla d’intentato, nonostante in certi momenti fu persino impossibile immaginare cosa sarebbe potuto accadere il giorno successivo. A 634 giorni dall’inizio della spedizione, Ernest Shackleton riuscì finalmente a condurre in salvo l’intero equipaggio dell’Endurance. L’attraversamento dell’Antartide era miseramente fallito, in compenso quel gruppo aveva compiuto un’impresa ancora più grande; era riuscito a comprendere il senso più profondo della vita.

Lo spettacolo

La trasposizione teatrale della “Imperial Trans Antarctic Expedition” realizzata da Luca Pagliari, pur mantenendo un assoluto rigore giornalistico, sprigiona una enorme intensità emotiva.
Seguendo un preciso ordine cronologico, per circa 90 minuti, la narrazione dell’impresa s’intreccia con i pensieri di Shackleton, estrapolati dal suo diario di bordo.
Il viaggio della mente si sovrappone così al terribile cammino sulla banchisa antartica, fornendo una lettura bidimensionale della spedizione.
Le foto e le immagini spettacolari immortalate da Frank Hurley, fotografo di bordo, unite ad una colonna sonora intensa ma non invadente, rendono l’impresa di Shackleton viva e soprattutto senza tempo.
Nessun calo di tensione. Lo spettacolo corre veloce in un continuo susseguirsi di parole, immagini e musica.
La metafora della Imperial Trans Antarctic Expedition è parte viva del nostro quotidiano e della nostra esistenza. Il mestiere di vivere accomuna l’intera umanità. Nessuno escluso.

Alcune frasi significative dello spettacolo

1914 – Annuncio comparso sul Times per il reclutamento dell’equipaggio:
“Si cercano uomini per viaggio pericoloso, salario basso, freddo pungente, lunghi mesi di completa oscurità, pericolo costante, nessuna garanzia di ritorno, onori e riconoscimenti in caso di successo. Sir Ernest Shackleton”.

Dimenticare il passato e concentrarsi sulla realtà. Non sarebbe stato semplice evitare una tragedia senza precedenti, ma come scrisse Shackleton “Quando il precedente diventa irraggiungibile, bisogna conformarsi ad un nuovo obiettivo”.

“La gestione della crisi e degli eventi obbliga solo decisioni adatte al momento, giorno dopo giorno”.

“Molti oggetti allora ritenuti essenziali vennero abbandonati in seguito, quando incalzati dalle necessità fummo costretti a ridurci al minimo indispensabile. L’uomo può sopravvivere con mezzi estremamente limitati. Gli agi del progresso vengono subito dimenticati di fronte alla dura realtà, e con una minima possibilità di procacciarsi cibo e riparo, l’uomo può vivere ed essere persino felice”.

“Le difficoltà sono solo cose da superare, dopo tutto”.

“Le imprese falliscono, ma l’uomo era rimasto lo stesso di prima, con le sue visioni, i suoi sogni e la sua energia”.